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L'ultimo soldato senza stellette

Aveva 20 anni Domenico Troilo quando gli misero addosso la divisa militare e lo mandarono in Africa settentrionale. Ne aveva appena 21 quando rientrato fortunosamente a Gessopalena, dopo l’8 settembre del 1943, si trovò a comandare un pugno di uomini decisi a tutto per difendere la loro terra e le loro vite dall’occupante tedesco. “Che dovevo fare? Rimanere a guardare e subire? I tedeschi prima minarono casa per casa e poi distrussero il mio paese, uccisero mia madre senza motivo, rubarono tutto quello su cui riuscirono a mettere le mani, ci costrinsero a sfollare. E così io ed alcuni altri cominciammo ad incontrarci, a parlare e infine decidemmo di combattere”.

Fu per lui una scelta di dignità quella di combattere: “Non ci voleva eroismo di fronte a chi veniva a casa tua per rubare, per bruciare, per distruggere, per uccidere. Ci voleva solo la dignità”.

A 22 anni avrebbe guidato in battaglia uomini abituati a dargli del tu. “Mi nominarono loro comandante perché ero l’unico con qualche esperienza militare, perché avevo studiato, sapevo farmi rispettare e sapevo usare bene un’arma”. Amava i suoi uomini, si occupava del loro addestramento. Sapeva imporre la disciplina, ma conosceva perfettamente tutti i ragazzi che gli erano affidati. “Poi impararono, divennero ottimi combattenti”.

Quando si unì alla Brigata Maiella ne divenne vice-comandante e responsabile militare. Alle capacità strategiche di Domenico Troilo si devono infatti i più brillanti risultati della Miella. Egli coordinò con gli inglesi l’operazione di liberazione dell’Abruzzo; nelle Marche e in Emilia gestì coi polacchi le attività in cui la Maiella fu spesso l’unità più avanzata sul fronte Adriatico, impiegata a coprire autonomamente settori di 15-20 km di estensione e risultata decisiva  per lo sfondamento della linea Gotica (battaglie di Cingoli, Montecarotto e Pesaro) e .l’avanzata finale fino a Bologna (battaglie di Monte Castellaccio, Brisighella, Monte Mauro).

Quest’ultima posizione, solo per ricordarne una, era giudicata “Impossibile” da prendere. A colloquio con Generale Wisniowski della divisione Carpazi. Troilo si offrì di scalare il monte frontalmente, rinunciando all’appoggio dell’artiglieria e riuscendo così a cogliere i tedeschi di sorpresa. (una scelta che avrebbe fatto anche a Brisighella salvando così l’abitato e la popolazione dalla distruzione). La manovra silenziosa, fu impeccabile: costrinse i difensori alla resa. Dopo la battaglia gli ufficiali tedeschi, esterrefatti, vollero stringere la mano agli uomini della Majella che li avevano sconfitti con perdite inconsistenti. Per i polacchi del Generale Anders, i volontari guidati da Domenico Troilo erano la più formidabile unità di fanteria da montagna.

Il Vice Comandante fu ferito in combattimento una prima volta nella zona di Arcevia –  e la seconda sul Senio– rientrando sempre al reparto. Era un uomo dall’intelligenza lucida e dal fare ruvido e bonario. Aveva in odio la retorica. Ad ogni scritto ed intervista che rilasciava si raccomandava sempre: “che non sia una cosa eroica, perché noi non volevamo cambiare il mondo: volevamo solo vivere in pace”. Attivissimo nel dopoguerra, fu membro dell’Anpi nazionale e un testimone instancabile. Volle l’istituzione della Fondazione intitolata alla Brigata Maiella Sono trascorsi dieci anni dalla sua scomparsa.

L'11 marzo a Gessopalena una serie di iniziative celebreranno il decennale della scomparsa (Lanciano, 11 marzo 2007> Gessopalena 11 marzo 2017)

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